
Abbandono di rifiuti: a chi spetta l’obbligo di rimozione?
Il fenomeno dell’abbandono di rifiuti appare, purtroppo, sempre più
frequentemente su strade e luoghi pubblici, dovuto alla deprecabile pratica di
rilasciare sul terreno circostante diversi beni e oggetti di cui i detentori intendono
disfarsi in assenza di qualsiasi autorizzazione e in violazione della normativa
esistente in materia, in tal modo determinando una potenziale messa in pericolo o
un effettivo pregiudizio per l’ambiente circostante.
Nella presente trattazione verranno esaminati i profili attinenti alle responsabilità,
amministrative e penali, previste dalla legislazione in materia e ai relativi obblighi
di rimozione.
La normativa
Le condotte di abbandono dei rifiuti sono oggetto di una specifica disciplina
contenuta nei seguenti tre articoli del D. lgs. 152/2006 (Cd. Codice
dell’Ambiente):
- l’art. 192, al comma 1, prevede il divieto di abbandono e deposito
incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo; al secondo comma estende tale
divieto all’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido,
nelle acque superficiali e sotterranee.
Tali condotte, secondo la giurisprudenza prevalente, devono avere
caratteristiche di occasionalità ed episodicità tali da non deturpare
permanentemente l’ambiente; diversamente si configurerebbe la più grave
ipotesi di discarica abusiva, sanzionata penalmente dall’art. 256, comma 3, D.
lgs. 152/2006, caratterizzata da un’attività di deposito incontrollato di rifiuti
ripetuto nello stesso luogo, in maniera non occasionale bensì reiterata per un
tempo apprezzabile e con carattere di definitività.
L’art. 192, comma 3, prevede infine che il responsabile della violazione è
tenuto a procedere alla rimozione, avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti e
al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di
diritti reali o personali di godimento dell’area ai quali la violazione sia
imputabile a titolo di dolo o di colpa.
A tal fine, il Comune interessato predisporrà i necessari accertamenti in
contraddittorio con i soggetti potenzialmente responsabili, a conclusione dei
quali verrà emanata un’ordinanza sindacale motivata con indicazione delle
2
operazioni necessarie e il termine entro cui provvedere; decorso
infruttuosamente tale termine, l’ente procederà all’esecuzione in danno di
coloro che erano obbligati alla rimozione ed al recupero delle somme
anticipate.
- l’art. 255 comma 1 prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa
da 300 a 3000 Euro (aumentata fino al doppio in caso di rifiuti pericolosi)
nei confronti di chiunque ponga in essere una condotta di abbandono di rifiuti;
il comma 3 prevede, inoltre, l’applicazione della sanzione penale dell’arresto
fino ad un anno qualora l’ordinanza sindacale di rimozione non sia stata
ottemperata, con sospensione condizionale della pena subordinata
all’esecuzione del provvedimento. - l’art. 256, comma 2 prevede, infine, nell’ipotesi di abbandono e deposito
incontrollato di rifiuti posti in essere da parte del titolare di impresa o
responsabile di enti, la pena dell’arresto da 3 mesi a un anno e l’ammenda
da 2.600 a 26.000 Euro in caso di rifiuti non pericolosi; l’arresto da 6 mesi a
2 anni e l’ammenda da 2.600 a 26.000 Euro in ipotesi di abbandono di rifiuti
pericolosi.
Obblighi di rimozione dei rifiuti abbandonati su terreni privati
L’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati e di ripristino dei luoghi incombe,
quindi, sull’autore dell’abbandono in solido con il proprietario dell’area (o
con i soggetti a lui assimilati) ma solo laddove in capo a questi ultimi possa essere
rinvenuta una responsabilità a titolo di dolo o quantomeno di colpa.
È pacifica, pertanto, la responsabilità del proprietario qualora egli sia
individuato come autore della condotta tipica o abbia fornito un apporto morale
o materiale all’autore dell’illecito, come ad esempio nell’ipotesi in cui abbia
messo a disposizione il proprio terreno per lo smaltimento dei rifiuti. 1
Se, invece, il proprietario non sia autore o compartecipe della condotta illecita
e dunque l’illecito abbandono di rifiuti venga posto in essere da parte di terzi, egli
può essere obbligato alla rimozione solo ove gli venga attribuito un
comportamento (commissivo o omissivo) caratterizzato quantomeno da
1 Cass. Pen. 45145/2015; Cass Pen. 50997/2015
3
colpa, da intendersi come negligenza, trascuratezza, incuria o inerzia nella
gestione del proprio bene da parte di colui che non affronti la situazione o la
affronti con misure palesemente inadeguate.
A tal proposito, si è ritenuto applicabile il criterio della diligenza media, ovvero
della ragionevole esigibilità della condotta, ritenendo sussistente la responsabilità
per colpa qualora fosse dimostrato “sulla base delle circostanze concrete,
connesse ad esempio ad un contegno inerte di fronte ad un fenomeno di deposito
di rifiuti prolungato nel tempo – che la condizione di degrado ambientale così
determinatasi è dovuta a specifici suoi comportamenti disattenti od omissivi. In
questa specifica prospettiva, la colpa può ritenersi consistere nell’omissione degli
accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare
un’efficacie custodia e protezione dell’area, atte ad impedire che possano essere
in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi”. 2
Nello specifico, occorrerà verificare caso per caso se l’illecito sversamento fosse
conosciuto o conoscibile da parte del proprietario e se egli avesse in concreto la
possibilità di prevenirlo o impedire che fosse portato a conseguenze ulteriori
adottando le opportune cautele, quali potrebbero essere la predisposizione di
recinzioni del fondo o sistemi di videosorveglianza.
A tal proposito, la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi in diverse
occasioni, pervenendo a conclusioni non sempre univoche: in alcuni casi, infatti,
non è stato ritenuto responsabile della rimozione il proprietario che si era
adoperato mediante l’apposizione di recinti ma non era comunque riuscito ad
evitare lo sversamento di rifiuti sul proprio fondo; 3 in altri casi, è stata esclusa la
responsabilità del proprietario del fondo pur in assenza di recinzione, poiché
quest’ultima era ritenuta una mera facoltà attribuitagli dall’art. 841 c.c. e non un
obbligo la cui violazione potesse costituire condotta negligente. 4
Ma va dato atto anche di orientamenti giurisprudenziali più rigorosi in cui è stata
affermata la responsabilità del proprietario il quale, avendo fatto denunce a carico
di ignoti, aveva dimostrato in tal modo la propria consapevolezza sullo stato dei
luoghi e non si era in alcun modo attivato per limitare l’accesso al proprio fondo; 5
oppure “non aveva ripristinato la recinzione esistente in origine” 6 ; o aveva
2 Consiglio di Stato, n. 5632/2017
3 Consiglio di Stato n. 4504/2015
4 Consiglio di Stato n.1612/2009
5 Consiglio di Stato n. 5757/2015
4
omesso di predisporre “una adeguata recinzione di sufficiente altezza e
robustezza, ovvero l’interdizione degli accessi all’area con robuste chiusure, la
sistemazione di videocamere o apparecchi fotografici funzionanti solo all’atto del
rilevamento di presenze sul luogo tramite sensori, oppure una convenzione con
istituti di vigilanza” 7 .
In definitiva, la giurisprudenza non ha individuato in maniera indiscriminata una
presunzione di colpa in capo al proprietario del fondo su cui terzi abbiano
abbandonato dei rifiuti in maniera incontrollata; è stata, invece, affermata la
necessità di una adeguata dimostrazione da parte dell’Amministrazione
procedente, sulla base di un’istruttoria completa svolta in contraddittorio con gli
interessati, dell’imputabilità soggettiva della condotta, ovvero che in concreto vi
sia stato un comportamento – quantomeno – colposo del proprietario del fondo.
Obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati su strade pubbliche
L’art. 14 D. lgs. 285/1992 – cd. “Codice della Strada” – al comma 1 lettera a),
attribuisce agli enti proprietari delle strade, “allo scopo di garantire la sicurezza
e la fluidità della circolazione”, il compito di provvedere “alla manutenzione,
gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle
attrezzature, impianti e servizi”; al comma 3 prevede, inoltre, che “per le strade
in concessione i poteri e i compiti dell’ente proprietario della strada previsti dal
presente codice sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente
stabilito”.
Pertanto, nell’ipotesi in cui i rifiuti abbandonati siano giacenti sulle strade
pubbliche, il soggetto obbligato alla rimozione è stato individuato, nella maggior
parte delle ipotesi applicative, nel concessionario Ente Nazionale per le Strade –
A.N.A.S., istituito dal D. lgs. n. 143/94 con compiti di gestione e manutenzione
ordinaria e straordinaria delle strade e autostrade di proprietà dello Stato e delle
relative pertinenze.
Tale obbligo è stato però oggetto di contestazione da parte dell’Ente interessato, il
quale ha reiteratamente sostenuto che una corretta applicazione dell’art. 192,
comma 3, del D. lgs. 152/2006 dovesse necessariamente presupporre
6 Consiglio di Stato n. 3596/2002
7 Consiglio di Stato n. 2977/2014 in cui proprietaria del fondo era la Regione Campania
5
l’accertamento del profilo soggettivo del dolo o della colpa in capo al destinatario
dell’ordinanza sindacale, requisito non configurabile in presenza di una generica
inerzia nel non aver preventivamente predisposto misure atte ad ostacolare detto
abbandono; con la conseguenza, che ove non fosse possibile individuare l’autore
della condotta illecita né muovere rimproveri di colpa al proprietario (o, nel caso
specifico, al concessionario) del fondo, il soggetto tenuto alla rimozione dei rifiuti
abbandonati risulterebbe essere il Comune, in virtù della previsione di cui all’art.
198 D. lgs. 152/2006: “i Comuni concorrono, nell’ambito delle attività svolte a
livello degli ATO di cui all’art. 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione e
smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilati”. Tra questi ultimi rientrano, ai sensi
dell’art. 184, lettera d), “i rifiuti di qualunque natura e provenienza, giacenti su
strade e aree pubbliche o sulle strade e aree private comunque soggette ad uso
pubblico”.
Pertanto, nell’interpretazione fornita da A.N.A.S., l’art. 14 D. lgs. 285/1992 non
potrebbe considerarsi quale norma atta ad imporre una indiscriminata
responsabilità oggettiva a carico del concessionario, ma riguarderebbe
esclusivamente la rimozione di oggetti, sostanze, veicoli, animali o quant’altro
possa “intralciare la fluidità o mettere a rischio la sicurezza della circolazione
stradale”; al contrario, l’art. 192 D. lgs. 152/2006 atterrebbe specificamente
all’ipotesi di abbandono dei rifiuti, risultando prevalente rispetto alla precedente
disciplina in quanto norma sopravvenuta.
La tesi sostenuta da A.N.A.S. è stata, però, per lo più smentita da diverse
pronunce giurisdizionali in materia, tutte unanimi nell’attribuire al proprietario o
concessionario delle strade pubbliche l’obbligo di provvedere alla rimozione dei
rifiuti abbandonati, finendo per riconoscergli una vera e propria “responsabilità di
posizione” svincolata da qualsiasi accertamento del profilo soggettivo.
Nello specifico, si possono così riassumere le pronunce più rilevanti della
giurisprudenza amministrativa in materia:
- Consiglio di Stato n. 3967/2019: ha individuato un rapporto di specialità tra la
disciplina di ordine generale contenuta nell’art. 192 D.lgs. 152/2006 e quella
specifica per i soggetti proprietari e concessionari di strade contenuta nell’art.
14 D. lgs. 285/1992; quest’ultima disposizione, al fine di garantire la sicurezza
e la fluidità della circolazione stradale, impone in via diretta a tali soggetti di
provvedere alla pulizia delle strade e, quindi, di rimuovere i rifiuti depositati
6
sulle medesime e loro pertinenze; in tal senso la disciplina dell’art. 14 si
configura quale parametro normativo per l’individuazione del profilo della
colpa presupposto in via generale dall’art. 192;
- Consiglio di Stato n. 2677/2011: interpreta l’obbligo di pulizia in capo ad
A.N.A.S. come applicabile non solo con riferimento alla sede del “nastro
stradale” ma anche alle relative pertinenze, come le piazzole di sosta; - TAR Lecce n. 351/2019: in un’ottica di complementarietà tra le due normative,
la violazione da parte di A.N.A.S. degli obblighi di cui all’art. 14 è considerata
sufficiente per integrare l’elemento psicologico della colpa prescritta dall’art.
192; - TAR Campania n. 2311/2016: l’art. 14 prescinde da qualsivoglia accertamento
del dolo o colpa avendo come finalità prevalente quella di garantire “la
sicurezza e fluidità della circolazione”; pertanto, qualora i rifiuti si trovino
lungo il percorso stradale possono indubbiamente costituire un potenziale
pericolo per la circolazione e devono essere rimossi da parte del
concessionario; - TAR Puglia n. 299/2012: A.N.A.S. non può qualificarsi alla stregua del privato
proprietario del fondo che adottando le normali cautele non ha potuto impedire
l’altrui attività illecita, ma va inteso come ente avente per oggetto sociale e per
dovere istituzionale la custodia e la cura delle reti viarie; “A.N.A.S. ha un
dovere di manutenzione, custodia e vigilanza sui tratti stradali di cui è
proprietaria”, il quale può tradursi in un vero e proprio “dovere di
prevenzione attiva” avente ad oggetto una vigilanza costante sull’utilizzazione
del bene.
La giurisprudenza amministrativa, pertanto, ha sempre interpretato l’art. 14 D. lgs.
285/1992 come speciale rispetto all’art. 192 del D.lgs. 152/2006 in quanto la pulizia
delle strade pubbliche, interferendo direttamente con la stessa funzionalità delle
infrastrutture e con la sicurezza della viabilità, non può non fare capo direttamente al
soggetto gestore (proprietario, concessionario o comunque affidatario della gestione
del bene), sul quale gravano speciali doveri di vigilanza, controllo e conservazione, i
quali rivestono carattere di oggettività e prescindono dai profili di dolo o colpa. 8
7
Soltanto di recente, la pronuncia del TAR Campania n. 117/2019, contrariamente alle
precedenti, ha cominciato a mostrare una maggiore apertura nei confronti di A.N.A.S.
riconoscendo l’illegittimità del provvedimento con cui il Comune ha imposto al
concessionario di provvedere alla rimozione dei rifiuti, in mancanza di specifica
motivazione sulle ragioni per cui tale obbligo si riteneva fondato.
Ed è proprio quest’ultimo l’elemento discutibile della tesi che attribuisce ad A.N.A.S.
e agli enti proprietari delle strade pubbliche una responsabilità da posizione, dunque
oggettiva, con riferimento all’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati: la carenza
dell’accertamento del dolo o – quantomeno – della colpa in capo all’Ente, previsto
invece quale requisito indefettibile dall’art. 192 comma 3, da valutare in
contraddittorio con i soggetti interessati.
Conclusione
In definitiva, nell’ipotesi di abbandono dei rifiuti sul suolo è previsto a carico del
responsabile un obbligo di rimozione e recupero o smaltimento secondo quanto
stabilito nell’ordinanza sindacale di cui all’art. 192, comma 3, D. lgs. 152/2006.
Tale provvedimento può essere disposto non solo nei confronti dell’autore materiale
dell’abbandono, ove lo stesso risulti noto, ma in solido con quest’ultimo può essere
rivolto anche al proprietario, concessionario o possessore del terreno interessato, il
quale sarà obbligato alla rimozione dei rifiuti qualora la P.A. riesca a provare la
sussistenza di un comportamento doloso, o quantomeno colposo, in capo allo stesso.
La prassi applicativa è basata spesso su automatismi nell’individuazione del
proprietario o concessionario quale soggetto responsabile, con conseguente
allocazione su quest’ultimo dei costi di smaltimento dei rifiuti, trasformando così la
responsabilità soggettiva di cui all’art. 192 in responsabilità oggettiva.
Peraltro, ove i destinatari formali dell’ordinanza di rimozione vi abbiano prestato
acquiescenza e siano risultati inadempienti all’obbligo di rimozione, pur non avendo
concorso nell’illecito abbandono dei rifiuti, gli stessi potranno essere soggetti
all’applicazione della sanzione penale di cui all’art. 255, comma 3 D.lgs. 152/2006;
con la conseguenza che, per evitare di incorrere in tale ulteriore responsabilità, il
proprietario incolpevole dovrà comunque ottemperare al comando disposto dalla
pubblica Autorità, affrontando i relativi costi anche qualora nessun rimprovero di
8 T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 11 luglio 2006, n. 7428; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 18 giugno 2008, n. 487; T.A.R.
Lazio, Roma, sez. I, 16 luglio 2009, n. 7027
8
colpa possa essergli mosso, ovvero dovrà decidere di impugnare in via
amministrativa il provvedimento emesso nei suoi confronti, o ancora dovrà chiederne
la disapplicazione per illegittimità al Giudice penale.
EnaturaStudio, grazie al suo team multidisciplinare, può fornire assistenza legale in
ambito amministrativo e penale, a privati, enti pubblici ed aziende che risultino
destinatari di Ordinanze sindacali di rimozione di rifiuti abbandonati, al fine di
contestarne la legittimità innanzi alle competenti Autorità giudiziarie; può, inoltre,
fornire consulenza a coloro che vogliano denunciare tale fenomeno ricorrente nelle
aree pubbliche e private di loro interesse.
Per domande e informazioni contattateci qui

Le Comunità Energetiche Rinnovabili in Italia: l’esperienza di EnaturaStudio
Cos’è una comunità energetica rinnovabile?
La CER, acronimo di comunità energetica rinnovabile, è un nuovo modello di generazione
distribuita che consente a cittadini, alle PMI, agli enti territoriali e alle autorità locali, di
esercitare collettivamente il diritto di produrre, immagazzinare, consumare, scambiare e
vendere energia rinnovabile (solare, eolica, idroelettrica, ecc).
Questa innovativa forma di aggregazione richiede la costituzione di un soggetto giuridico
autonomo, al quale ciascun membro può partecipare come consumatore finale, come
produttore o come prosumer (produttore e consumatore insieme).
Le CER, che hanno fatto ingresso nello scenario europeo in forza della Direttiva UE
2018/2001, costituiscono già oggi una realtà in Italia grazie all’art. 42-bis del D.L. 162/2019,
convertito con L. 28 febbraio 2020, n. 8, che ha definito un quadro transitorio e sperimentale
in vista dell’integrale recepimento della normativa europea.
Detta previsione risulta oggi superata dall’entrata in vigore del d.lgs. dell’8 novembre 2021 n.
199, che recepisce la Direttiva UE 2018/2001, consentendo la realizzazione di CER di più
ampio raggio, in quanto stabilisce che queste ultime possono detenere uno o più impianti a
fonti rinnovabili non eccedenti, singolarmente, la taglia di 1 MWA, incentivando la
condivisione dell’energia rinnovabile prodotta e consumata all’interno del perimetro della
stessa cabina primaria di consegna.
Un’opportunità per gli enti pubblici, cittadini e PMI
La CER rappresenta per le Comunità locali un formidabile strumento di ripresa dalla crisi
post-pandemica e una risposta concreta alla grave crisi energetica in atto. Per la prima volta
in Italia, le imprese, i gruppi di cittadini e gli stessi Comuni – dimensione naturale delle CER –
diventano aggregatori territoriali per la condivisione di energia rinnovabile di prossimità,
assumendo un ruolo attivo nel processo di transizione energetica, orientando le scelte di
programmazione e di pianificazione locale verso nuovi modelli di sviluppo basati sull’uso
sostenibile dell’energia e delle risorse del territorio.
Decarbonizzando e rendendo autosufficiente il territorio da un punto di vista energetico, le
comunità locali migliorano la qualità degli insediamenti e della vita della popolazione,
attraggono nuove forme di investimento basate sull’innovazione tecnologica, conseguono
risparmi e profitti da investire in altri servizi per la collettività, creano nuovi posti di lavoro e
stimolano dal basso la nascita di un vero e proprio il mercato elettrico locale, con conseguente
diminuzione dei costi.
I contributi concessi oggi alle CER possono essere reinvestiti sul territorio tramite l’avvio di
iniziative connesse ad un uso consapevole e sostenibile dell’energia (per esempio, servizi di
riqualificazione energetica degli edifici e degli impianti, servizi di modalità sostenibile),
secondo un meccanismo che, quindi, si auto-alimenta.
L’importante contributo al processo di transizione energetica riconosciuto a tali nuove
configurazioni è tale che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e il relativo
Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, ha previsto uno stanziamento di 2,2 miliardi di
euro destinati ai Comuni con meno di 5mila abitanti per la promozione delle fonti rinnovabili
abbinati a iniziative di comunità energetiche e auto-consumo.
EnaturaStudio per le comunità energetiche
Costituire una Comunità energetica richiede competenze trasversali, tecniche e giuridiche
insieme.
Lo staff di EnaturaStudio, composto da tecnici ed avvocati e da un comitato scientifico di alta
qualificazione, è dunque il partner ideale in quanto fornitore di know-how, soluzioni e capacità
realizzative per la costituzione di comunità energetiche. L’attività di Consulenza Specialistica
offerta dal nostro team copre tutto il processo, dallo studio di fattibilità tecnico-giuridica, alla
definizione del modello giuridico di comunità adatto alle circostanze del caso, fino al
riconoscimento della tariffa incentivante erogata dal Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (GSE
S.p.a.) e alla definizione della contrattualistica interna di redistribuzione dei flussi economici
percepiti dalla comunità.
Nell’ambito della collaborazione intrapresa tra i professionisti e i componenti del comitato
scientifico di EnaturaStudio e gli Enti locali è nata presso il Comune di Ferla (SR) la prima
comunità energetica rinnovabile di Sicilia, denominata CommOn Light: un progetto pilota che
è diventato un caso studio, al centro del dibattito nazionale ed internazionale
(https://ecquologia.com/common-light-nasce-la-prima-comunita-energetica-siciliana/).
Per domande e informazioni contattaci qui.

EnaturaStudio: nasce l’idea di un team di professionisti
Una normativa complessa e l’esigenza di aver un interlocutore unico per orientarsi nel mondo del Diritto dell’Ambiente, in continua evoluzione. Nasce così EnaturaStudio, un team di professionisti – avvocati e ingegneri – che con il supporto di uno staff tecnico e di un Comitato Scientifico si pone come mission quella assistere